Sale Sudore Sangue (Postcart, 2020 ) è un racconto fotografico ambientato ai nostri giorni. Il racconto di una tonnara in Carloforte - un'isola accanto a un'altra isola, la Sardegna - facendo parlare attraverso le immagini gli uomini, i pesci, il mare. Ma racchiude dentro di sé un viaggio nei secoli. Nella memoria, nella fantasia. Ricordi ricorrenti in Italia, dove la tradizione della pesca al tonno ha origini remote. Ne parlammo già nella recensione del libro Tonnare indietro nel tempo in cui il titolo gioca sulla assonanza – in italiano – tra le parole tonnare e tornare.
Il fotografo Francesco Zizola che è l'autore di Sale Sudore Sangue vi ha voluto includere il racconto La pesca dei tonni pubblicato dallo scrittore Emilio Salgàri nel 1904, che apparentemente narra di una battuta di pesca in Alghero, al nord della Sardegna ma dove forse in realtà riferimenti a una tonnara del sud, probabilmente quella di Carloforte, forse quella di Porto Paglia.
Si pensa che quelle tonnare fossero attive fin dal XV secolo e nella tonnara di “Puerto Palla” del 1631 si tramanda che vennero catturati 7509 tonni di peso oscillante in media tra i 500 e i 700kg, con un esemplare che raggiungeva le 1800 libbre (circa 850kg).
Porto Paglia si trova poco più a nord di Carloforte, nella prossimità del tonno di tonalità più scura che vedete nella cartina.
Ma andiamo avanti, non prima di aver fatto notare che le foto con cui scandiamo l'articolo provengono dal libro di Zizola o dal suo sito).
Sappiamo però che in passato esistevano in Sardegna delle tonnare anche a nord, come risulta da questo documento del XVII secolo:
«Atto di arriendo Tonnara Trabucato - Anno 1631
Al molto illustre Governatore
A Giovanni Nuseo, abitante nella città di Sassari, è stato concesso da parte della Vostra Ecc. e dal Consiglio Patrimoniale, di avere una e più tonnare nell’Isola deserta dell’Asinara, come anche nell’Argentiera della Nurra e fino alla città di Bosa, con obbligo di pagare alla Regia Corte il 5% del pescato, come risulta dall’atto sottoscritto in questa città di Cagliari il 16 ottobre del 1628; e avendo fatto prova che nel passato anno nell’isola dell’Asinara nel mare del Trabucato si sono pescati solamente 600 barili con una perdita per il detto Nuseo e per la sua azienda di più di 4000 scudi, chiede di poter calare per quest’anno nella detta tonnara del Trabucato, e per il prossimo anno chiede di realizzare un’altra nuova tonnara nel mare deserto che mai si è fatta tonnara; ed è stato stabilito con i patti e le condizioni che di seguito si sottoscrivono e in nessun altra maniera.»
Torniamo a Emilio Salgari. La prima pagina del racconto reca la data del 1937, ma è la data di una seconda edizione in cui veniva per la prima volta attribuito il racconto a Salgari (1862-1911), che lo aveva firmato sotto pseudonimo nel 1904 essendo sotto contratto in esclusiva per una differente casa editrice. Celeberrimo in Italia ma noto anche all'estero per la sua copiosissima produzione di romanzi ambientati nelle località più esotiche, che descriveva minuziosamente quanto esattamente, lo scrittore in realtà pur diplomato in scienze nautiche a Venezia risulta avere effettuato in vita sua una sola breve crociera nel mare Adriatico ed ebbe poi vita assolutamente sedentaria. Fino alla tragica morte per suicidio, non potendo resistere per ragioni economiche alla pressione degli editori che gli richiedevano sempre nuove opere facendolo lavorare fino allo stremo.
Salgari ha fatto sognare nei suoi romanzi milioni di romantici lettori, mentre raramente gli esperti sono riusciti a coglierlo in fallo nelle sue epopee. Dava credibile vita sia pure letteraria a luoghi, animali e forze della natura che mai aveva avuto la fortuna di poter conoscere dal vivo, attraverso una minuziosa documentazione: nel corso della sua permanenza a Torino ebbe cura di abitare sempre non lontano dalla Biblioteca Civica Centrale, dove effettuava le sue ricerche.
«Non pochi curiosi si avviavano verso la tonnara, specialmente delle donne, mogli o sorelle, senza dubbio, dei pescatori o dei lavoranti. Tutte belle donne, brune, cogli occhi neri ed ardenti al pari di quelli delle Andaluse o delle Catalane, che indossavano con grazia estrema le loro gonne di lana a colori vivaci e screziati con sopravvesti ripiegate sul capo come mantiglie ed i loro bustini di velluto che modellavano squisitamente le loro forme.»
Anche nella descrizione della tonnara Salgari dimostra la consueta accuratezza:
«Al pari dei merluzzi del gran banco di Terranova, anche questi deliziosi pesci ogni anno tornano nei medesimi luoghi e quasi sempre tra la primavera e il principio dell'estate. Arrivano in gran numero, da secoli e secoli sempre per le medesime vie, cadendo sempre nei medesimi agguati con un'ostinazione cieca, come avviene ai popoli a cui l'esperienza nulla giova. Sia la temperatura delle acque o l'abbondanza di frutta marine che li fa accorrere sempre in quei medesimi luoghi, o la calma che regna nei seni della Sardegna, o per qualche altro motivo, il fatto è che non mancano mai. Forse, col tempo, anche la loro via si sposterà come è avvenuto per le aringhe e le sardine che hanno lasciato le coste dell'Olanda per le alte acque del mare del Nord, ma per ora non danno segno di essere stanchi di farsi decimare dai ramponi sardi e siciliani.»
La preparazione, i riti, le procedure di cattura descritte oltre 100 anni fa da Salgari non sono nel frattempo cambiate.
«Ad un tratto, vedemmo il rais, che era un bel vecchio dalla barba bianca e di forme erculee, salire sulla prora della mosciarra e alzare una mano. A quel segnale tutti i pescatori delle chiatte e anche quelli che stavano allineati sulle gettate, si levarono i berretti; allora il vecchio intonò una preghiera che fu ripetuta da quattrocento voci con un effetto grandioso e nel medesimo tempo commovente. Si usa recitare tanti Pater e tanti Ave, quanti sono i santi protettori della pesca, che non sono pochi a dire il vero, implorando specialmente il santo protettore della mattanza, che viene sorteggiato il giorno in cui il massacro dei poveri tonni ha luogo.
Dopo una buona mezz'ora il rais fece l'ultima invocazione, diretta a san Pietro, il gran patrono, che terminò col grido:
- Dateci una buona pesca...
A cui risposero tutti i marinai ed i facchini dalla calata con un formidabile:
- Dio lo faccia!
Successe un breve silenzio, poi il vecchio chiese ad alta voce ai sottocapi della pesca, che occupavano le chiatte disposte all'imboccatura della rada, se le porte delle reti erano chiuse. Alla risposta affermativa, comandò:
- Molla!»
Alcune sequenze che illustrano lo svolgimento di una tonnara sono disponibili tra il materiale di archivio dell'Istituto Luce. Qui un filmato di cui non viene indicata la data né la località, tranne la generica indicazione della Sicilia. Maggiori informazioni su questo altro filmato, girato a Favignana nel 1924. Ugualmente pertinenti a Favignana, la più celebre tonnara italiana, questo filmato di epoca imprecisata e infine quest'ultimo del 2000.
Indichiamo di seguito alcuni altri filmati disponibili in rete, scusandoci se fosse sfuggito qualche duplicato.
Tonnara di Favignana
Messina 1954 (pesce spada)
Ma è ora di dare al lettore qualche informazione in più, che speriamo gli torni utile e gradita.
Il Thunnus thynnus o tonno rosso (bluefin) è la specie maggiormente pregiata, a rigore non endemica del Mediterraneo, essendo una razza migratoria, ma pescata da secoli in questo mare. La maggior parte del tonno commerciale appartiene invece al genere Thunnus albacares o pinna gialla. Il suo ingresso nel Mediterraneo, proveniente dalla zona di Terranova al largo del Canada, coincide con il periodo della riproduzione, in primavera inoltrata e di solito nel mese di aprile, ed essendo uno tra gli animali acquatici più veloci in questo suo percorso di andata viene definito tonno di corsa. E' il periodo in cui le sue carni hanno il massimo della qualità. Rimarranno nelle acque tra Sicilia e Sardegna per circa due mesi, si sposteranno poi per la deposizione delle uova sulla zona dirimpetto a Francia e Spagna, a settembre inizieranno il percorso di ritorno, descrivendo però un arco che lo riporterà a passare nelle acque italiane.
Non verrà pescato. Il tonno di ritorno viene infatti lasciato rientrare nell'atlantico, essendo i pescatori ben consapevoli della necessità di una pesca sostenibile. Oltretutto dopo il periodo della deposizione delle uova le carni del tonno perdono gran parte della loro consistenza e qualità, volerle immettere sul mercato a tutti i costi oltre a causare un grave danno ambientale che ricadrebbe a breve a danno anche dei pescatori, causerebbe un deprezzamento del prodotto.
Al giorno d'oggi solamente due tonnare fisse sono autorizzate in Italia, quella di Carloforte in Sardegna e quella di Favignana in Sicilia. Per la verità un manifesto di denuncia di un grave attentato alla tonnarella di Camogli (Liguria), forse dovuto a concorrenza sleale, afferma che siano 5. Vale la pena di riportarlo per intero.
«AIUTACI ANCHE TU A SALVARE QUESTA PICCOLA PESCA
Nella notte del 25-26 aprile 2017, la Tonnarella di Camogli è stata distrutta da una barca pirata, arrecando oltre 200.000 euro di danni ai piccoli pescatori della Cooperativa di Camogli. La Tonnarella di Camogli è un esempio virtuoso di pesca sostenibile, ed è l'unica rimasta in Liguria e una delle cinque tonnare rimaste attive in Italia. Fu costruita nel '600 e da allora è parate della tradizione e della cultura del piccolo borgo genovese. Le reti, calate in mare solo da Aprile a Settembre, son intrecciate a mano dalle donne del paese durante l'inverno, a partire da fibre di cocco indiano e sono completamente biodegradabili. La possibilità di selezionare e liberare le prede, specialmente quelle protette e quelle sotto taglia, rende questo sistema di pesca unica e assolutamente sostenibile.»
Attualmente la Tonnarella di Camogli è sotto tutela della organizzazione Slow Food che ne ha fatto un suo presidio.
In passato le tonnare erano molte di più ed erano attive anche in altre regioni, come quella del golfo di Baratti nel Granducato di Toscana. Ne parla già il geografo greco Strabone (circa 60 a.C. - 24 d.C.), identificando nella zona chiamata ora Punta delle Tonnarelle, in prossimità della città etrusca di Populonia, l'osservatorio dedicato all'avvistamento dei tonni: il thynnoskopeion. E spiegando più avanti a proposito di un altro osservatorio presso Cosa che “il tonno infatti viene a cercare lungo la costa non solo le ghiande marine, ma anche le conchiglie della porpora, dal mare esterno fino alla Sicilia”.
Circa due secoli dopo Eliano descrive la struttura di un altro osservatorio“... due alti tronchi di pino separati da grandi assi di legno vengono innalzati; le assi sono intrecciate nella struttura a brevi intervalli e sono molto utili per l’avvistatore per farlo salire in cima … e dopo aver assicurato a uno dei pali una lunga gomena che regge le reti, cominciano a remare…”
Arriviamo con un lungo salto al XVIII secolo, trovando nello Zibaldone storico di Sebastiano Lambardi quanto segue:
«Nei golfi dell'Elba si calano due tonnare, una a Portoferraio e l'altra a Marciana in località Bagno. Quest'ultima è molto fruttifera e mai non falla pagando l'appaltatore 2000 pezze da 8 reali l'anno, e alcuni anni gli è fruttata fino a 12000 pezze. Quella di Portoferraio non è tanto fruttifera e gli appaltatori pagano di affitto pezze 1200 l'anno. »
Sappiamo quindi che le autorità nei secoli passati seguivano e regolavano attentamente le attività di pesca. Ma non solo, leggiamo in un testo del 1939 riportato in un sito dedicato all'isola d'Elba:
«Il 27 giugno 1763 per la prima volta giungevano a Portoferraio le Loro Altezze Reali il Granduca Pietro Leopoldo, secondogenito di Francesco I e la Granduchessa Maria Luisa figlia di Carlo III di Spagna e vollero assistere a una mattenza che fu eccezionalmente abbondante. Fu pescato un tonno di mezza tonnellata abbondante tanto che la Granduchessa ebbe ad esclamare ripetutamente, nel suo idioma, presa da una crisi irrefrenabile di riso, “No es posible, es fantastico”.»
E il lettore sa che non veniva considerata una tonnara redditizia. La reazione del Granduca fu altrettanto interessante:
«Il Granduca Pietro Leopoldo dopo la pesca si rivolse – così si dice – al suo Ministro che lo seguiva e gli ordinò: “Fate il rais cavaliere … dei soliti santi”. Il rais da ras che in arabo significa capo, è il capo dispotico della Tonnara.»
Viene spontaneamente alla mente il parallelo con una dichiarazione attribuita al re d'Italia Vittorio Emanuele II: “Mezzo sigaro toscano e una croce di cavaliere non si negano a nessuno”. Ma anche ed è sicuramente più attinente al nostro tema, l'osservazione che la parola rais si è dunque diffusa ovunque nel mare Tirreno, a dimostrazione di uno intenso scambio culturale col mondo arabo che varrebbe la pena di approfondire.
La tonnara di Baratti è rimasta attiva fino al 1959. Ma gli studiosi del passato (Pietro Pavesi nel XIX secolo e Corrado Parona nel XX) riportano l'esistenza in Italia di almeno 37 tonnare, da quelle del mare Ligure a quelle dell'isola d'Elba e altre località toscane, Risulta dai loro studi che si pescassero in una stagione di pesca a Baratti circa 80 tonni contro i 500 di Porto Santo Stefano, 600 a Enfola, poco meno di 2000 a Bagno di Marciana (media globale 1.810). Ma tutto il pescato dell'arcipelago toscano non arrivava che a un terzo di quanto raccolto dalla sola tonnara di Favignana (45.000 tonni in 5 anni).
Per certi versi il tempo non ha lasciato tracce, per altri aspetti sì. Ritorniamo per un momento a Salgari:
«II rais procedette allora ad una seconda visita per accertarsi approssimativamentedel numero dei tonni catturati, quindi fece sciogliere il quadrato delle chiatte onde si potesse cominciare la pesca. Dalle gettate, i bastacci, ossia i facchini cominciarono a ramponare i tonni, issandoli a terra mentre dall'altra parte delle chiatte li traevano a bordo. I disgraziati pesci presentavano tutti delle orribili ferite, dalle quali sgorgava ancora il sangue in abbondanza.
Vedemmo di quelli che avevano ricevuto perfino cinque colpi di rampone e la loro pelle pendeva a brani. Ne contammo ben cinquecento e sessantaquattro, quasi tutti di grosse dimensioni, tali anzi che i più vigorosi bastacci non riuscivano da soli a issarli sulla gettata.»
Abbiamo già visto che le dimensioni medie dei tonni non sono più le stesse. Ma il metodo di pesca e poi la lavorazione hanno sia tenuto conto del progresso tecnologico che fatto tesoro delle esperienze altrui (qui l'articolo – in italiano – che ha fornito le seguenti informazioni.
«Circa venti anni fa sull’isola di San Pietro sbarcarono i giapponesi – i più forti consumatori di tonno crudo al mondo – con le idee molto chiare: assaggiare il tonno di corsa; in poco meno di 72 ore tutto il tonno presente alla tonnara di Carloforte era già sui mercati e nei ristoranti del Sol Levante, trasportato dall’Italia in ghiaccio, dapprima incartato in una speciale carta verde, maguro oroshi, che tra le altre funzioni ha quella di impedire l’ossidazione.»
E non poteva, non doveva, finire lì.
«Da quel momento è iniziato il vero innesto culturale.
…
L’avvento dei giapponesi ha determinato una variazione anche nella tecnica di mattanza del tonno e nella lavorazione. Prima ogni tonno veniva arpionato da 6 uomini, il cd. stellato di sei tonnarotti, con 6 arpioni di tre diverse lunghezze e veniva così ferito in più punti.
Dai giapponesi si è imparato a issarlo con un paranco, preso all’amo e punto in gola, e a gestirlo da subito su ghiaccio.
Dalla cattura il tonno non viene mai riportato a temperatura fino al momento del consumo.»
Non sono più quindi i tempi e i metodi cruenti che descriveva nel 1904 Emilio Salgari. E per una volta, questa volta, in meglio.
Un caso raro purtroppo, gli esempi positivi sono l'eccezione e non la regola. Nonostante le previsioni ottimistiche di alcuni, cui sarebbe bello ma arduo affidarsi, la sopravvivenza del tonno rosso è in grave pericolo: qui ne vediamo un drammatico esempio.
Ma torniamo a quanto c'è di buono. Torniamo al primo libro, Sale Sudore Sangue, con le cui immagini abbiamo scandito il testo e che ci ha dato lo spunto per questo tuffo tra passato e presente, tentando di farsi una idea del futuro.
Giustamente l'autore dedica uno spazio importante sia ai volti dei pescatori che ai loro umili ma necessari ed essenziali attrezzi di lavoro: dei semplici coltelli. Si ha l'impressione che quei volti potrebbero essere gli stessi di quei loro antenati di oltre 2000 anni fa, o quelli dei loro colleghi di ogni parte del mondo, oggi.
L'uomo non è mutato nei secoli. Ma inconsapevolmente, per quanto colpevolmente, ha fatto sì che il mare non sia più quello di una volta.
Ma è possibile ancora tornare indietro. Per andare avanti.
Emilio Salgari
La pesca dei tonni
Nemapress, 2017
Francesco Zizola
Sale Sudore Sangue
Postcart, 2020