Il viaggio nella mostra Mediterraneum porta a ripensare alla bellezza ed alla ricchezza che abbiamo perduto, distruggendole con le nostre stesse mani e continuando purtroppo a distruggerle anche ora, come se le tante lezioni passate a nulla fossero servite.
Fortunatamente è un messaggio positivo, che incita con la forza della bellezza a restituire il giusto valore ad ogni cosa, cominciando dalla natura e - nella natura - dal mare, che è l'origine di tutto.
L'ambiente sommesso anche se possente di queste strutture millenarie, la luce discreta al limite della penombra, facilitano l'immersione del visitatore nel mondo della rappresentazione artistica, senza distoglierne l'attenzione.
Le fonti di ispirazione fornite dal mare sono infinite, e paradossalmente sembrano restare infinite anche ove si scelga di trarre ispirazione solamente da uno solo dei tanti elementi, per quanto importante, della vita marina: il pesce propriamente detto, e con lui i mammiferi marini.
Ugualmente vaste sembrano le possibilità espressive e le tecniche artistiche utilizzabili per rappresentare la bellezza del Mediterraneo, e dei mari in genere.
Una parte importante di Mediterraneum è dedicata al ritorno dell'uomo verso il mare, anzi addirittura nel ventre delle sue creature.
E' la leggenda, presente in molte culture, del leviatano destinato ad inghiottire l'essere umano, consentendogli in questo modo la rinascita verso una nuova consapevolezza.
Dal bronzo all'oro di cui sono rivestite molte tessere di questo mosaico.
Il tema è sempre quello ricorrente in questa sezione della mostra: la rinascita dell'uomo attraverso la necessaria accettazione del suo annullamento nella materia primordiale, il mare.
Ottenuta attraverso l'offerta di se stesso in pasto a quelle creature che gli daranno poi a loro volta il cibo, per il corpo e per l'anima, e la forza per guardare alle stelle.
Nella stagione invernale il sole conclude presto il suo cammino.
Quando a malincuore si abbandona la mostra è ormai buio, ma l'oscurità sembra ammantare l'ambiente creato dall'uomo di quell'alone di affascinante mistero, di quella sensazione di vita invisibile eppure avvertibile che proviene dalle profondità dei mari.
Testo e foto di Paolo Bottoni.