L'ex tesoriere di Mundus maris, Marianne Braun Richter (a sinistra), è stata tra i molti volontari a Madrid che hanno affrontato la sfida di aiutare ad organizzare, con breve preavviso, la COP25, dal 2 al 13 dicembre 2019, dopo che il governo cileno, originariamente paese ospitante del meeting internazionale, si è ritirato in seguito ai disordini civili in risposta alle politiche antisociali.
L’entusiasmo certamente non mancava tra i partecipanti ai numerosi eventi tecnici collaterali; gli scienziati hanno insistito sul guardare i risultati della ricerca che dimostrano l'urgenza dell'azione, mentre i rappresentanti della società civile hanno aggiunto la loro voce al coro a favore della protezione del clima.
Anche la maggior parte delle delegazioni ufficiali ha sostenuto la necessità di agire. Particolarmente, i paesi in via di sviluppo si sono apertamente lamentati di come già stessero soffrendo gli effetti dei cambiamenti climatici, che a malapena avevano contribuito a creare, e hanno chiesto azioni per prevenire un peggioramento, nonché un risarcimento dei danni.
Venerdì 6 dicembre, i cittadini sono scesi per le strade di Madrid ed in altri luoghi per chiedere Azione.
Apparentemente, alcuni dei testi ufficiali non erano stati negoziati in anticipo in modo sufficientemente dettagliato, e di conseguenza, alla fine della seconda settimana della Conferenza, intesa a finalizzare l'accordo politico, sono emerse nuove questioni sui mercati del carbone. Il Green Deal, presentato dall'Unione Europea per riportare una dinamica costruttiva nel processo negoziale, non è stato un segnale abbastanza forte.
Il crollo dei lavori è avvenuta pure dopo che i negoziatori hanno proseguito la riunione per oltre 40 ore dopo la chiusura ufficiale dei colloqui, nel tentativo di raggiungere una risoluzione; invece alcune delegazioni, tra cui il Brasile ed i suoi sostenitori, hanno puntato i piedi. Perciò, le lunghe ore e le notti insonni non hanno prodotto un accordo sull'ultimo pezzo del regolamento dell'Accordo di Parigi.
Con così tanto in gioco, l'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che si occupa del commercio del carbone e delle compensazioni, si è rivelato essere l’ultimo ostacolo, ma anche altre questioni spinose sono state lasciate aperte.
Il debole accordo raggiunto alla fine permette grandi concessioni agli inquinatori e restringe la finestra temporale che rimane per apportare le modifiche necessarie agli attuali regimi di emissione, mentre queste sembrano portare, con un aumento della temperatura di 3-4 °C, il pianeta Terra in un territorio del tutto inesplorato. Alla prossima COP in Scozia, saranno ora richiesti ancora maggiori sforzi ed impegno per riportarci indietro. Intanto, le Nazioni Unite (UN) hanno fatto buon viso a cattivo gioco.